Recensione: Due Sirene in un Bicchiere

Recensione 𝐃𝐮𝐞 𝐒𝐢𝐫𝐞𝐧𝐞 𝐢𝐧 𝐮𝐧 𝐛𝐢𝐜𝐜𝐡𝐢𝐞𝐫𝐞 



Autrice: Federica Brunini 
Editore: Feltrinelli 
Lingua originale: italiano 
Numero pagine: 222 pagine 
Prezzo copertina: 15 euro 

Trama 

Al B&B delle Sirene Stanche - quattro stanze su un'isola del Mediterraneo nascoste dietro a un portone turchese, una cucina sempre in movimento e una grande terrazza sul mare - non si arriva per caso. Non è in nessuna guida turistica né lo si prenota online o con un'agenzia di viaggio: bisogna scrivere una lettera e motivare la propria richiesta, e poi attendere che una busta azzurra con il simbolo di una sirena giunga a confermare il soggiorno. Lo sanno bene Eva, Jonas, Olivia, Lisa e Lara, i cinque nuovi ospiti che approdano sull'isola per una vacanza detox che promette di rimettere in forma corpo e anima, e di aiutarli a trovare le risposte che cercano. Ad accoglierli ci sono Dana, trent'anni e la voglia di migliorare la vita di tutti con un po' di yoga, meditazione e i suoi celeberrimi centrifugati bio, e Tamara, pittrice di mezza età che ama il mare, il silenzio e la solitudine del suo atelier. Insieme gestiscono la locanda offrendo sessioni di yogaterapia, arte, cucina, chiacchiere e tanto relax, lontano da cellulari e tecnologia. Ma cosa succede quando il passato irrompe scardinando il presente? Da cosa e da chi si nasconde Tamara, tanto da non lasciare mai l'isola? E chi sono Eva, Jonas, Olivia, Lisa e Lara? Sono davvero chi dichiarano di essere o mentono, prima di tutto a se stessi? Tra giornate di sole, avventure e una nottata drammatica che tiene tutti con il fiato sospeso, gli ospiti del b&b trasformeranno la loro vacanza in una tregua necessaria in cui riscoprire chi sono e chi vogliono diventare, perché «quello che succede è l'unica cosa che sarebbe potuta accadere» e «il momento in cui qualcosa avviene è sempre quello giusto».

Recensione 


“È un romanzo curativo” afferma Alessia Gazzola ed è un’affermazione che condivido assolutamente. 
Il primo aspetto prettamente estetico che mi ha colpito è stata assolutamente la copertina che, per una questione cromatica, non troverete nella prima foto ma ve la lascio comunque. 



Inoltre il titolo mi ha ispirato tantissimo, perché mi sono chiesta il motivo di questa scelta. 
Il secondo è stato il fatto che la storia iniziasse con due citazioni e finisse con due citazioni, come se Federica Brunini avesse voluto chiudere il cerchio anche per noi lettori così come ha chiuso il cerchio delle vite, che si presentano all’interno della storia. 

 Due sirene in un bicchiere si presenta come una storia che, all’apparenza, sembra semplice: un’intrecciarsi di vite all’interno di un B&B “Sirene Stanche”. 

Ma, fin dalle prime pagine, possiamo notare una caratterista importante il B&B non ha nessun contatto, per scelta, con il web: non ha un sito. L’unico modo per contattarlo? Alla vecchia maniera epistolare. Il motivo, ovviamente, viene specificato all’interno ma, sostanzialmente, è un B&B diverso dagli altri, non si alloggia per vacanza o per lavoro. “Tutti quelli che bussavano al portone azzurro, sotto l’insegna delle sirene, dovevano farlo accettando il rischio dell’ignoto. Perché è così che la vita mette al mondo, senza istruzioni. Perché soltanto quando non conosciamo le regole possiamo imparare. E imparare, alla fine, è tutto”. Non loro non insegnano però solo come raggiungere il posto, loro insegnando a vivere. 

Ma loro chi? Diana e Tamara. Le proprietarie del posto. 

Sono due donne indipendenti e con un bagaglio del passato che, be’, pesa parecchio. E non si può negare ma loro del proprio dolore ne hanno fatto un locus amoenus, capace di attrarre le anime vaganti in cerca di una meta e permettere loro di raggiungere quella serenità interiore, in grado di illuminarti e schiarire quelle idee offuscate dalle lacrime. 

Le persone che raggiungono questo luogo sono cinque: Eva, Jonas, Olivia, Lisa e Lara. Ognuno con una storia e ognuno con un obiettivo: vincere contro il dolore. Non sconfiggendolo ma superandolo. Arrivati al B&B, inizia il loro soggiorno di dieci giorni in cui “tre giorni per piangere, tre giorni per guarire, tre per sorridere. E uno per festeggiare”

Da qui, personalmente, ho pensato che la scrittrice volesse condividere l’idea di equilibrio. Ritrovo una tendenza un po’ tipica di Orazio, onestamente. L’idea che si dovesse distruzione tutto equamente, indistintamente che fosse tristezza o che fosse felicità, mi ha ricordato il principio della metriotes: quel giusto mezzo che ci permette né di essere completamente infelici e né felici anche se, so bene, che l’obiettivo della scrittrice non rientra in questo. Anzi, uno degli obiettivi non è tanto raggiungere felicità, bensì la serenità interiore che, a parer personale, credo sia più importante. 

Alla fine del soggiorno, vi è proprio una rinascita dei personaggi e del lettore che ha affrontato tutto da ogni punto di vista, che ha condivido il dolore dei personaggi e li ha presi per mano mentre osservavano il mare o bevevano un frullato detox. Questa storia porta il lettore a “desiderare il desiderio” perché, presto, impariamo che “I desideri vero, quelli per i quali vale la pena piangere perle, non sono necessariamente i primi nel cassetto della nostra mente. Sono come i vestiti dentro il nostro armadio: indossiamo sempre gli stessi, quelli che ci fanno sentire comodi e sicuri. Ma che ne è della borsa color ciliegie che abbiamo relegato sul fondo? E dei pantaloni sgargianti che ci piacciono, ma non abbiamo mai sfoggiato? Dovremmo avere il coraggio di realizzare i sogni che non abbiamo il coraggio di confessare”. 

La citazione precedente è una delle mie preferite, mi ha spinto a scandagliare la mia anima è riuscire a scovare i miei desideri che tacciono ed emergono solo nei sogni.

Vi consiglio assolutamente questo libro, è un vero e proprio romanzo curativo, misto di storie, ognuna lascia il segno e ognuna ha il proprio dolore, dall’istinto materno al desiderio di conoscere anche i segreti più intimi, che nascondeva il luogo, dall’amore sventurato e quello professato, dal coraggio di ricominciare e mettere, finalmente, il passato nel bagaglio da stiva e non più quello a mano.

È un romanzo che cura le ferite e ti fa sorridere, alle volte le tue guance potranno essere solcate dalle lacrime ma questo fa comprendere la capacità eccezionale della scrittrice: quella di far calare il personaggio nella storia.

Sono davvero contenta di averlo letto e non vedo l’ora di immergermi, ancora una volta, in un libro della Brunini.


“Nessuno vive senza una goccia di dolore in corpo,

 nessuno vive senza lo straccio di un sogno” 

Voto: ⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️ /5

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